Descrizione
La cena romana è “un organismo ipertrofico che cresce e monta attorno alla tavola, finché non ricordi più chi era invitato e chi no”. Antonello Venditti è diretto proprio a una di queste cene quando, parcheggiata l’auto su un Lungotevere inspiegabilmente deserto e privo delle immancabili buche, si imbatte in una sconosciuta, Laura, appena rimasta vittima di una tempesta di guano dai tratti mitologici. Prestarle soccorso e dare vita a una complicità basata sulla totale casualità dell’incontro è quasi tutt’uno. Anche perché è bello potersi trovare “prima che domani ricominci tutto. Roma lo fa, Roma lo concede questo senso di immobilità e di rinascita”. Inizia così un viaggio a tappe dentro la città e dentro la sua notte, e dialogando con Laura, che romana non è, Venditti individua sette vizi capitali di Roma, non biblici ma peculiari, alcuni atavici, altri di nuova generazione. Dal vizio di Unicità (peccato originale che vede l’Urbe essere il centro del potere temporale e spirituale) a quello di Impero (retaggio dell’antica volontà di potenza sintetizzata oggi nello slogan da stadio ‘ndo annamo dominamo); dal vizio di Illusione e di Memoria (corta) a quello di Neopaganesimo che porta a mettere sul trono imperiale calciatori ormai simili a semidei e infine ad accoltellarli, secondo il destino di ogni Cesare. Fino a due vizi paradossali, i più scandalosi, i più imperdonabili: quello di Bellezza e quello di Purezza.