Descrizione
Nel IX secolo, a Costantinopoli, numerosi codici greci che tramandano per lo più opere di Platone e dei Neoplatonici ? una vera e propria ?collezione filosofica? ? vengono copiati sotto l?egida di Leone il Matematico, figura di spicco della cosiddetta Scuola della Magnaura, l?università insediata nell?omonimo padiglione del palazzo imperiale. Uno di questi manoscritti di squisita fattura sarà al centro di peripezie degne di un romanzo di Dumas: giunto da Costantinopoli a Basilea al seguito del domenicano Giovanni Stojkovic?, prestato allo stampatore Hieronymus Froben, trafugato e quindi donato a Ottone Enrico di Wittelsbach, finì in Vaticano insieme all?intera Biblioteca Palatina di Heidelberg e, con il trattato di Tolentino, a Parigi, per poi tornare a Heidelberg dopo la caduta di Napoleone. Fra le meraviglie che il Palatinus Graecus 398 ? questo è il nome ufficiale del codice ? ci ha conservato ci sono quarantuno rari, e sorprendenti, racconti di metamorfosi attribuiti a un Antonino Liberale di cui nulla si sa, ma che verosimilmente allestì la sua silloge fra il II e il III secolo: dalle Miniadi, che troppo attaccate al lavoro trascuravano il culto di Dioniso e furono trasformate in un pipistrello, una civetta e una strige, allo spergiuro Batto, pietrifcato da Ermes, a Leucippo, indicibilmente bella, che vede tramutato in maschile il suo sesso, ad Ascalabo che diventa un geco (askalabos) per aver deriso Demetra, fino alla metamorfosi forse più struggente: quella di Metioche e Menippe, le vergini tessitrici che, per placare l?ira degli dèi inferi e arrestare l?epidemia di peste, si colpiscono con la spola vicino alla clavicola e si squarciano la gola ? e che Persefone e Ade assumono in cielo come comete.