Descrizione
C come Callesen, John Callesen, seconda linea, che disse no a una convocazione degli All Blacks. Era il 1976, la partita contro il Sudafrica, cioè la partita delle partite, ma Callesen lavorava in campagna, aveva il grano da raccogliere e le pecore da tosare, e dopo averci pensato e ripensato si sentì costretto a rinunciare al tour, che pure era il sogno della sua vita. Finita la raccolta del grano, Callesen venne comunque chiamato negli All Blacks per il tour in Argentina. P come Poliziotto, quel poliziotto inglese cui gli All Blacks la fecero addosso. Era il tour del 1924-1925, quello degli Invincibles, e Alan Robilliard, ala di Canterbury, stava in una stanza d’albergo con altri tre o quattro All Blacks a bere un po’ di birra. Sarà stato per l’albergo piccolo, o per il bagno occupato, o per il gabinetto puzzolente, ma quando gli All Blacks trovarono un vaso da notte sotto un letto e decisero di farla lì e non in bagno, il passo successivo fu aprire la finestra e svuotare il vaso da notte nella strada sottostante. Gli All Blacks sono il rugby. È vero che il rugby è nato a Rugby e non a Christchurch, è vero che William Webb Ellis era inglese e non neozelandese, è vero che i minatori sono gallesi e lo stile champagne è francese e i più orgogliosi sono gli irlandesi. Ma gli All Blacks sono diventati il simbolo, l’emblema, la bandiera, la faccia, anche l’allegria di Ovalia. Perché gli All Blacks sono tutti noi.