Descrizione
Se, fino al 1884, i versi di Nietzsche erano piuttosto un a parte giocoso, che rompeva la fissità della riflessione, con i primi grandi ditirambi, inizialmente inclusi nello Zarathustra, la poesia si rivela a Nietzsche in violenza oracolare, confluendovi insegnamenti che squarciano il tessuto paradossalmente pedagogico di quell’opera. Colpisce in essi innanzitutto la novità letteraria, che nella poesia tedesca dell’Ottocento ha un solo precedente negli ultimi Inni di Hölderlin. La parola di Nietzsche è già la parola del moderno, sospesa nel vuoto, esplorazione delle forme; e insieme è antichissima, parola che sembra riemergere da una lunga marea, sì che giustamente, sulla soglia del silenzio, Nietzsche raccoglierà queste liriche sotto il titolo “Ditirambi di Dioniso”. Un segno è comune a tutte, da quelle dello Zarathustra all’ultimo ditirambo, “Gloria ed eternità”, di poco precedente alla follia, a proposito del quale Nietzsche scrisse: “Chi lo legga senza esserci preparato, muore”: è il segno della parola frammentaria ed enigmatica, capace di traversare i registri ritenuti più incompatibili prima della sua apparizione. È Dioniso che, questa volta, di là dalla lacerazione, sceglie l’inganno illuminante dell’apparenza.