Descrizione
Questo libro è il risultato di dieci anni di ricerche di archivio condotte da András Nagy, noto scrittore e drammaturgo ungherese, sul ruolo del diplomatico danese Povl Bang-Jensen nella rivoluzione del 1956. Nell’ambito della commissione ONU costituita per far luce sui massacri di Ungheria, a Bang-Jensen era stato affidato tra l’altro il compito di registrare le testimonianze dei rifugiati ungheresi e di preservarne l’anonimato, per evitare rappresaglie anche nei confronti dei familiari rimasti in patria. Il diplomatico danese – rafforzato nei suoi propositi anche dai trascorsi nella resistenza durante la seconda guerra mondiale – capì che sebbene l’invasione sovietica fosse ormai irreversibile, l’unico modo per salvare le vite di tanti disperati era rendere nota alle Nazioni Unite la verità sui crimini perpetrati. Lavorò perciò instancabilmente e senza accettare compromessi, scoprendo però che non poteva fidarsi dei suoi superiori, primo fra tutti l’allora segretario generale Hammarskjöld. Si ritrovò solo di fronte a un colossale insabbiamento, ignorato dai rappresentanti delle grandi potenze, fino al licenziamento, al processo per tradimento e alla morte violenta.