Descrizione
Riproporre oggi la lettura di “La compresenza di morte e dei viventi” significa riconoscere la piena centralità di un’idea, quella della compresenza, che costituisce un potente architrave del pensiero di Aldo Capitini. In questa fondamentale opera del 1966, la più densa dal punto di vista filosofico, egli assume quale proprio punto di partenza la lettura di una realtà sottratta alla stretta lente della sola scienza e riconsegnata all’apertura che merita: una tale realtà, scrive Capitini, la possiamo però vivere solo mediante «impegni in atto», nel tu-tutti che ad essa io rivolgo. Una simile prassi, che è «pratica dell’amore aperto a tutti gli esseri», è allora frutto di una sorta di esercizio di infinito allargamento del cerchio a tutti, morti compresi, in virtù di una corale produzione dei valori alla quale collabora il nuovo nato come pure l’annullato, lo sfinito, lo stroncato e lo stesso essere colpito dal «negativo estremo», la morte.