Descrizione
10 luglio 1973: viene rapito a Roma John Paul Getty III, sedici anni, nipote del petroliere Jean Paul Getty, uno degli uomini più ricchi al mondo. Il nonno pensa a uno scherzo per spillargli dei soldi. Dopo tre mesi di inutili trattative, i sequestratori inviano al «Messaggero» una busta con un pezzo dell’orecchio del ragazzo. Il 15 dicembre John Paul viene liberato: sono stati pagati circa 2 miliardi di lire. La notizia rimbalza sui giornali di tutto il mondo ed è così che l’organizzazione mafiosa dal nome impronunciabile, ‘ndrangheta, che sta facendo dei rapimenti un affare miliardario, comincia a essere conosciuta anche all’estero. Con i soldi sporchi dei sequestri vengono costruiti in Meridione interi quartieri, ma si comprano anche camion, autocarri, pale meccaniche, si creano imprese edili che partecipano alle gare per gli appalti pubblici. E soprattutto, una grossa parte di quel denaro viene investita prima nel contrabbando delle sigarette, poi nell’acquisto della droga, il vero, grande business delle mafie. L’enorme quantità di contante disponibile grazie agli «affari» richiede di essere lavata e riciclata. Come? In molti modi, e per favorirne la riconversione, gli uomini della ‘ndrangheta cominciano a spostarsi al Centro e al Nord d’Italia, ma anche all’estero, in Nord Europa, in Sudamerica, in Australia, in Canada. Forti anche delle «carenze» normative di molti paesi, come appunto il Canada, che solo agli inizi degli anni Duemila fissa un limite nell’introduzione di denaro liquido. Si stima che la ‘ndrangheta fatturi ogni anno circa 43 miliardi di euro, di cui almeno il 75 per cento viene reinvestito nell’economia legale. Quelli che scorrono sono veri e propri fiumi d’oro: la mafia calabrese li investe nell’edilizia, nel settore immobiliare, nel terziario, nell’eolico, nei rifiuti, ma anche nel turismo, nel lusso, e persino nei centri di accoglienza. E lo fa grazie a una miriade di alleanze strategiche con funzionari pubblici, bancari, avvocati, commercialisti, broker senza scrupoli. Perché la corruzione continua a essere l’ossatura del potere mafioso. Nell’era della tecnologia più avanzata, poi, le nuove leve della ‘ndrangheta si scambiano informazioni grazie ai social e WhatsApp, e dal Canada spediscono in Italia BlackBerry con sofisticati software che impediscono le intercettazioni. Combattere contro il riciclaggio su scala planetaria diventa ogni giorno più faticoso: la differenza dei sistemi giuridici, la mancanza di reati associativi e la difficoltà di globalizzare l’azione di contrasto favoriscono tutte le mafie che, invece, riescono sempre più a collaborare a livello internazionale. Questo libro, però, ci insegna che non è impossibile farlo.