Descrizione
Malika in arabo significa “regina”, ma mai nome è stato così poco appropriato. Perché la piccola Malika è la settima di nove figli di genitori algerini emigrati in Francia e residenti nella bidonville di Nanterre. Un posto dove acqua e corrente elettrica non arrivano, e dove si è considerati ricchi se si ha un tappeto per scaldare il pavimento. Fatima, sua madre, l’ha sempre considerata l’ennesima bocca da sfamare, nuovi strilli da calmare, e poi non c’è il tempo per affezionarsi, che già è incinta un’altra volta. Malika impara presto a fare tutto in silenzio, a non dare fastidio, a non fare rumore, per evitare che nuovi lividi si aggiungano alle macchie bluastre che le segnano costantemente il corpo. Il calore di un abbraccio, la dolcezza di una ninnananna, Malika non sa cosa siano. Ma, al suo quarto compleanno, la mamma fa un gesto inaspettato: le regala un paio di sandaletti bianchi. Ed è per catturare un raggio di sole da far brillare sulle scarpe nuove che Malika si allontana dal negozio ed esce in strada. La luce la acceca, ma è così bello sentire il calore sulla pelle. E i sandaletti quasi si muovono da soli per unirsi al movimento della gente per strada. Poi, in un attimo, è il buio. Solo dopo scoprirà di essere stata investita. È l’inizio di un’odissea, tra ospedali, operazioni, e soprattutto, il rancore e l’odio della madre e della famiglia. Ma è anche la scoperta di un mondo nuovo, fatto di medici e di persone amorevoli che si occupano di lei e le regalano affetto.