Descrizione
«Hilde Spiel atterrò a Schwechat, il campo di aviazione in uso alle forze militari britanniche, il 31 gennaio 1946, su una pista punteggiata di crateri di bombe, tra strisce ghiacciate di neve fangosa. [?] Il Dakota toccò terra in quella che era poco più che un’enclave operativa dentro alla Zona sovietica. Perché Vienna, già capitale di un impero plurinazionale, poi per sette anni capoluogo della Ostmark, la Marca orientale annessa al Terzo Reich, si trovava da mesi sotto occupazione militare. Era, appunto, una ex capitale mortificata, umiliata e divisa operativamente in quattro settori, da quando, il I settembre 1945, le truppe alleate erano entrate in città, quattro mesi dopo l’ingresso da est ? com’era avvenuto a Berlino ? dell’Armata Rossa» (dalla Postfazione di Enrico Arosio). La scena iniziale di questo splendido incontro tra reportage e memoir ci porta nei giorni del dopoguerra, racconta le ferite della città e degli abitanti così come la grandezza perduta e il cuore pulsante della creatività viennese di prima e di adesso. Spiel ha uno sguardo unico ? corrispondente di guerra in un mondo quasi del tutto precluso alle donne ? e soprattutto una scrittura nella quale si riconosce non solo la memoria dei luoghi ? Vienna era la sua città e l’aveva lasciata nel 1936 ? ma un’eleganza e una cultura stratificata che aiuta a svelare al lettore l’anima della vecchia capitale e di un continente che si muove tra le macerie ma che, allo stesso tempo, è animato dalla speranza. Un’autentica sorpresa.