Descrizione
Il fenomeno sociale del banditismo in Sardegna tra Settecento e Novecento assunse contorni tragici e un’aura di romanticismo popolare. Oltre i casi di ordinaria criminalità – furti, abigeato, assassinii su commissione legati spesso alle disamistades – il banditismo fu infatti soprattutto conseguenza del malcontento e del disagio sociale determinato a sua volta dalla repressione politica dei colonizzatori, in particolare nei confronti del mondo agropastorale. La latitanza e la criminalità furono dunque una risposta violenta alla prevaricazione di conquistatori e padroni che fece implodere le comunità, rettesi per secoli su un sistema di vita arcaico condiviso e basato sulle regole di un codice non scritto: il Codice barbaricino. Dopo un’introduzione storica, il volume ripercorre le singole vicende dei principali banditi e banditesse della Sardegna tra Settecento e Novecento, analizzando le storie personali, legate in genere per contesto e formazione al mondo agropastorale, la loro gloria fra il popolo, le dicerie e le calunnie, i dubbi e le curiosità, il loro effettivo destino di emarginati e le loro tragiche morti. L’intento del libro è quello di essere un compendio per stimolare la comprensione della società sarda, ancora oggi subordinata a percezioni e luoghi comuni che derivano in gran parte dal fenomeno del banditismo, ma comunque in continua trasformazione; e dove il confine tra antico e moderno, giusto e sbagliato, lecito e illecito si dissolve sempre nel panorama intricato delle montagne sarde.